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Fine vita, i figli di Elena e Romano alla Consulta: “Hanno scelto di non cadere nel baratro”

Ammessi nel giudizio sul fine vita anche quattro pazienti affetti da patologie irreversibili contrari al diritto alla morte medicalmente assistita
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All’udienza davanti ai giudici della Consulta – la quarta volta – per decidere sulla costituzionalità della legge che regola l’aiuto al suicidio erano presenti anche i figli di Elena e Romano, i due malatti che hanno dovuto andare Svizzera e hanno chiesto a Marco Cappato di accompagnarli.

I figli di Elena e Romano – “Già da anni noi sapevamo che lei non avrebbe mai sopportato una situazione non dignitosa per la sua fine e quindi è una cosa che non ha maturato proprio nell’ultimo periodo della sua malattia. Lei ha scelto di non cadere in un baratro che stava degenerando in modo davvero brutto e ha voluto chiedere aiuto per coinvolgere anche la famiglia, per non perdere la sua dignità. Non avrebbe avuto alternative – ha detto la figlia di Elena 69enne veneta malata terminale di cancro che aveva lasciato anche un messaggio video all’uscita da Palazzo della Consulta – Noi l’abbiamo ascoltata, l’abbiamo compresa, con sommo dispiacere l’abbiamo appoggiata perché abbiamo rispettato la sua volontà. Aveva pochi mesi davanti e non voleva passarli in un letto di ospedale, sedata con farmaci che le impedivano una vita normale. Magari perdendo la sua lucidità perché ci sarebbero state complicanze anche cerebrali”.

A parlare anche il figlio di Romano, il malato di Parkinson: “Lui ha sempre detto che se la vita lo avesse messo davanti a una scelta, avrebbe voluto essere libero di farla e quando purtroppo è successo, dopo tre anni di battaglia con la malattia, ha detto: adesso basta, io non accetto di non essere libero e noi lo abbiamo supportato anche se inizialmente è stato un pò uno shock Fino all’ultimo minuto era estremamente consapevole di quello che stava chiedendo”.

Quattro pazienti contrari – Ammessi nel giudizio sul fine vita anche quattro pazienti affetti da patologie irreversibili contrari al diritto alla morte medicalmente assistita. “L’autodeterminazione è viziata dal dolore e anche dal peso che sentiamo di essere sulle spalle delle nostre famiglie” ha detto Maria Letizia Russo che ritiene l’articolo 580 del codice penale è “una cintura di protezione”. “Mi piacerebbe uno Stato che dicesse che la mia vita è importante – sottolinea – e la difende da tutti, anche da me. Non si può fare affidamento sulla mia volontà nel momento di debolezza”.

I giudici costituzionali sono chiamati a decidere sull’articolo 580 del codice penale nella parte in cui prevede la “punibilità della condotta di chi agevola l’altrui suicidio nella forma di aiuto al suicidio medicalmente assistito di persona non tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, e che abbia manifestato la propria decisione, formatasi in modo libero e consapevole, di porre fine alla propria vita”.

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